1000 studenti in piazza contro la Gelmini

1000 studenti sono scesi in piazza contro la riforma Gelmini. Venerdì 3 ottobre è stata buona la risposta dalle scuole all’appello lanciato dal Coordinamento Studentesco di Vicenza e di Schio. Si è partiti dalla stazione dei treni in corteo cercando di sottolineare che questo progetto di devastazione della scuola pubblica ha delle origini più profonde, che già a partire dalla Moratti e Fioroni si è iniziato a rendere la scuola sempre più un privilegio e sempre meno un diritto.
Il resinserimento del voto in condotta oltre ai tagli alla scuola pubblica rappresenta probabilmente l’elemento più grave, perchè è di fatto uno strumento di ricatto nei confronti dei soggetti nella scuola più scomodi. Non stiamo parlando dei bulli, ma di chi si ribella, di chi non è d’accordo con questo modello. Non è un caso infatti che prima di questo sciopero i professori e i presidi di alcune scuole abbiano minacciato sanzioni disciplinari gli studenti se avessero scioperato. La scuola ha un ruolo di costruire cittadini attivi nella società, quindi anche critici e soprattutto non omologati. Il corteo ha attraversato il centro e poi è arrivato fino davanti al provveditorato. Qui, mentre una delegazione veniva accolta da un dirigente, sono stati attacchinati dei manifesti ironici sulla Gelmini.
Il corteo si è svolto due giorni dopo il divieto di fare il referendum da parte del Consiglio di Stato e durante la manifestazione è stato sottolineato il clima di emergenza democratica che si vive in città. Inoltre si è messo in evidenza la contraddizione di un governo, che da un lato inserisce l’educazione civica a scuola e dall’altro poi vieta espressioni di partecipazione attiva come un referendum.

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Ancora sul referendum: Facciamo due conti!

Il giorno dopo la consultazione popolare sul Dal Molin è una babele di
commenti; sono tanti o son pochi 24 mila cittadini che votano per dire
che futuro vogliono per l’aerea verde a nord della città? Intorno a
questa domanda, spesso in modo strumentale e in alcuni casi con
argomentazioni ridicole, si è concentrato il dibattito di coloro che si
ergono a commentatori.

Il commissario Costa, che evidentemente, oltre che di basi militari,
treni ad alta velocità, paratie marine mobili, se ne intende anche di
sociologia, ha tratto dalla consultazione popolare – che lui stesso ha
definito poche settimane fa antidemocratica – le conclusioni più
stupefacenti: «il 72% dei vicentini – ha dichiarato il portaborse
veneziano – non si oppone alla costruzione della nuova base militare».
Che il commissario Costa abbia passato la domenica in incognito tra le
strade di Vicenza chiedendo ad ogni cittadino che non si è presentato
ai seggi se si oppone al progetto statunitense sembra difficile. È più
probabile che l’uomo dei mille incarichi abbia goduto della splendida
giornata di sole per concedersi un po’ di relax. Beato lui che può,
verrebbe da dire; ma, tornando a questo 72%, la questione è piuttosto
semplice: c’è tanta – troppa – gente abituata a prendere la parola
anche a nome di altri. E Costa è uno di questi, tanto che si sente
legittimato, come annota il Sindaco Variati, «a parlare a nome di chi
non si è espresso». Poco importa se tra i non votanti ci sono
sicuramente i favorevoli alla nuova base statunitense – Roberto
Cattaneo e Enrico Hüllweck non hanno mica votato –, ma anche coloro che
sono indifferenti e soprattutto coloro che non hanno oggettivamente
potuto esprimersi per cause di forza maggiore – per esempio i degenti
dell’ospedale i quali, grazie al Consiglio di Stato che ha annullato la
consultazione ufficiale, non hanno potuto ricevere la visita di una
commissione di seggio –, per mancanza d’informazione o per qualunque
altro motivo. È singolare la democrazia proposta dal commissario
governativo, fondata non sulla realizzazione delle istanze dei
cittadini, bensì sull’interpretazione dell’opinione dei silenti.
Verrebbe da dire, allora, che “chi tace acconsente” e, alla luce del
quesito referendario, che i favorevoli alla nuova base statunitense
sono appena 906 in tutta la città.

Ventiquattromila persone, è evidente, non sono la maggioranza dei
cittadini di Vicenza; ma sono un dato statisticamente ufficiale. Un
campione all’interno del quale è possibile verificare, numeri alla
mano, quanti hanno espresso parere favorevole e quanti parere negativo;
e, nel caso concreto, a Vicenza è successo che il 95,66% dei votanti ha
espresso parere favorevole, chiedendo alla Giunta comunale di acquisire
l’area del Dal Molin. E, del resto, non risulta che il Presidente
statunitense – le coincidenze – si sia mai chiesto se il 60-70% dei
cittadini che non partecipano alle elezioni presidenziali lo sostengono
o lo disapprovano nelle sue politiche. Questo, piaccia o no, è il
meccanismo che sta alla base della democrazia fondata sul voto: chi
partecipa conta uno, chi non partecipa conta zero. Potremmo discutere a
lungo sulla democraticità di questo meccanismo, ma non possiamo mettere
in dubbio il principio che sta alla base di questa formula: chi
partecipa decide. E Vicenza ha deciso.

Del resto, il movimento vicentino ha sempre sostenuto che la vocazione
maggioritaria contro la base militare è evidente nelle dinamiche
pubbliche, nella manifestazioni di piazza, nelle relazioni sociali. E,
a confermare questa evidenza, c’è anche l’altra faccia della medaglia,
rappresentata dai favorevoli alla base i quali, per autorappresentarsi,
sono costretti a parlare di “maggioranza silenziosa” per contrastare
mediaticamente quella maggioranza reale che si esprime nella
quotidianità. Da tante cariche istituzionali e da molti partiti questa
democrazia, fatta di partecipazione diretta e presenza fisica, è stata
definita “antipolitica”, perché slegata dalla delega e dai vincoli che
essa impone all’espressione della cittadinanza. Ieri quella che loro
hanno definito “antipolitica” ha attraversato per un giorno le forme
“accettate” dell’espressione politica; ed è stato un fiume in piena,
perché la partecipazione quotidiana di migliaia di cittadini si è
riversata nelle 32 urne elettorali mettendo nero su bianco non tanto un
sì o un no, quanto la determinazione civica di essere protagonisti
attivi del proprio domani.

Ventiquattro mila, allora, sono tanti; perché queste donne e questi
uomini non hanno semplicemente partecipato a quello che ormai, nella
società contemporanea, è il rituale del voto; non hanno, per dirla in
altre parole, espresso una delega perché qualcun altro risolva questa
questione. Hanno, in un certo senso, espresso una sentenza che, per
essere smentita, avrebbe bisogno di un’altra sentenza: bene ha fatto,
allora, il Sindaco a invitare i partiti favorevoli alla base
statunitensi a organizzare essi stessi una consultazione analoga a
quella di ieri per verificare la consistenza numerica reale dei
favorevoli al progetto statunitense.

Restare silenti è un diritto, naturalmente; ma questo diritto non può
sopraffare la voce di chi, viceversa, vuole esprimersi. Non può farlo
perché il silenzio non è interpretabile e chi tenta di
strumentalizzarne il significato fa un misero gioco politico che non ha
gambe perché, alle spalle, non ha persone. In occasione della
consultazione popolare di Vicenza, dunque, la cittadinanza si è
espressa in questo modo: 23.050 cittadini favorevoli all’acquisizione
dell’area del Dal Molin da parte dell’Amministrazione comunale; 906
contrari. Gli altri silenziosi, perché disinteressati, non informati,
impossibilitati a esprimersi, o per qualunque altra ragione che
riguarda soltanto loro.

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Vicenza ha deciso: 23000 contrari alla base!!

E’ stata una bella giornata; su Vicenza, dall’alba, splendeva il sole.
Per le strade i furgoni carichi di gazebo e tavoli, mentre davanti alle
scuole si radunavano i volontari che avrebbero prima montato e poi
aperto i seggi. Davanti alle 32 urne organizzate dal comitato per la
consultazione popolare – formatosi 3 giorni fa, dopo la sentenza del
Consiglio di Stato – code per tutta la giornata: i vicentini avevano
voglia di votare.

Poi, man mano che la sera scendeva, al Media Center di Piazza Castello
si affollava la gente; prima a decine, poi a centinaia per seguire con
i propri occhi lo spoglio delle schede. Hanno chiuso alle 21.00 i
seggi, ma lo scrutinio è finito che era quasi mezzanotte; in una piazza
piena di gente ha preso il microfono il notaio del comitato dei garanti
che ha snocciolato i numeri: 24.094 votanti pari al 28,56% degli
iscritti alle liste elettorali. Di questi, 23.050 sono voti favorevoli
all’acquisizione, da parte del Comune di Vicenza, dell’area del Dal
Molin: il 95,66% dei votanti, dunque, ha detto no alla nuova base
militare statunitense.

Nella piazza scrosciano gli applausi; un referendum convocato dalla
città, mercoledì sera in Piazza dei Signori, dopo che il Consiglio di
Stato, con un colpo di mano, aveva annullato la consultazione ufficiale
promossa dall’Amministrazione comunale. Quella sera, sospinto da 12
mila vicentini indignati, il Sindaco aveva annunciato che "se non ci
permettono di votare nelle nostre scuole, voteremo davanti alle nostre
scuole, sotto i nostri gazebo". E così è stato: migliaia di vicentini
hanno rivendicato, votando, il diritto della città del Palladio a
decidere del proprio futuro e hanno difeso la democrazia che era stata
sospesa dalla sentenza filogovernativa del Consiglio di Stato.

"Un risultato eccezionale – ha commentato, a caldo, Achille Variati –
che dimostra la volontà della cittadinanza di esprimersi. Chi
criticherà questa giornata di democrazia – ha concluso il Sindaco –
organizzi un referendum autogestito e porti a votare 24.000 cittadini a
favore della base militare". Cinzia Bottene, del Presidio Permanente,
ha sottolineato la natura decisionale di questo atto democratico:
Vicenza ha deciso, ora gli statunitensi devono rispettare la città e
ritirare il proprio progetto.

Tra i favorevoli alla base militare (i partiti del centrodestra) è
calato un imbarazzato silenzio. Unica voce fuori dal coro è quella di
Giancarlo Galan che fa la figura del baccalà, non accorgendosi che al
voto hanno partecipato decine di migliaia di persone e non capendo che
la consultazione era organizzata con tutte le garanzie necessarie per
far sì che soltanto i residenti potessero votare; ma non c’è da
stupirsi: il governatore veneto, pur di far prendere aria alla bocca, è
pronto a dir di tutto e in questi giorni ha dato il meglio di sè
insultando più volte la città del Palladio.

Due anni di atti di arroganza e imposizioni, dunque, non sono bastati a
far piegare la testa ai vicentini che, con il voto di oggi, hanno
dimostrato ancora una volta il radicamento di cui gode l’opposizione
alla struttura militare statunitense. La democrazia, finalmente, si è
espressa e ha deciso: No Dal Molin.

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sabato 4 CISCO per il referendum

Dopo la pausa estiva il Capannone Sociale riapre. Riapre nonostante a maggio avessimo annunciato la chiusura. Per il momento siamo aperti, cosa riserverà il futuro non lo sappiamo con precisione ancora. L’unica certezza è che l’esperienza del Capannone non finirà di sicuro, ma una volta che ce ne andremo da via dell’Edilizia, continuerà sicuramente in altre forme e modalità.

Sabato 4 ottobre riapriamo, perchè c’è bisogno di sostenere la campagna refendaria del Presidio Permanente No Dal Molin. Domenica 5 ottobre si svolgerà a Vicenza il referendum sul Dal Molin. Ironia della sorte vuole che se sei contrario alla base bisogna votare SI’!! E’ stato fissato un quorum alto di 35000 voti e per questa ragione bisogna fare un enorme sforzo per portar più gente possibile a votare. 

Il Presidio Permanente ha organizzato una serie di eventi per il referendum e la chiusura della campagna refendaria sarà sabato 4 ottobre al Capannone con il concerto di CISCO, l’ex-cantante dei Modena City Ramblers, che ha da poco fatto uscire il suo nuovo album intitolato "il mulo". Invitiamo tutti a partecipare e precisiamo già da subito che il ricavato andrà a sostenere le enormi spese che il presidio sta sostenendo per il referendum.

 

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il 5 ottobre vota Sì per dire No alla Base

Se la nuova base militare destinata a Vicenza fosse alimentata da
energie rinnovabili, costruita con materiali ecologici e perfettamente
coibentata, avremmo un bel po’ di problemi in meno. Potremmo parlare
“solo” di guerra, meccanismi di ordine mondiale, progetti di dominio
territoriale…
Ma le cose non stanno così e il discutibile fine della “Ederle 2” va a
braccetto con il suo cattivo funzionamento. Quest’ultimo, però, non si
presta ad ogni tipo di idea, opinione, ideologia o teoria. Si tratta di
cifre: dati scritti per mano americana e rilevazioni di esperti
italiani mai smentite dai colleghi statunitensi. E se questa è la
realtà, allora diamo un po’ i numeri!
Facciamolo con ordine, esaminando punto per punto ciò che servirebbe
per la nuova base USA, come hanno fatto i tecnici del movimento No Dal
Molin.
Elettricità: l’allacciamento della corrente elettrica costerebbe
9.360.000 euro, di cui poco più di un quindicesimo pagato dagli
statunitensi, tutto il resto (8.730.000 euro) dall’AIM, ovvero da noi
vicentini. Inoltre, le basi USA acquistano l’energia elettrica in
esenzione di tasse e con tariffe agevolate.
Fognature: l’allacciamento alla rete fognaria costerebbe ancora
di più e sarebbe interamente a carico di AIM, cioè di noi vicentini. In
aggiunta, i costi per l’utilizzo del depuratore (oltre 500.000 euro
annui) se li aggiudicherebbero i vicentini, di nuovo.
Acqua: la nuova base USA ha chiesto da un minimo di 60 ad un
massimo di 260 litri/secondo. AIM oggi può servire 7 litri/secondo e
con una nuova linea potrebbe arrivare a 30. La quantità d’acqua
richiesta è troppo onerosa per la nostra falda acquifera. Senza contare
che i costi, circa 350.000 euro, sarebbero sostenuti dai vicentini
tramite AIM.
Gas: lo fornirebbero AIM-AMCPS, usando le tasse dei vicentini.
Telefonia: idem
Immondizie: allo smaltimento di rifiuti e immondizie provvederebbe ancora AIM.
Strade: alla manutenzione delle strade ci penserebbe invece AMCPS, ma poco cambia perché la paghiamo sempre noi vicentini con le tasse.
Spese di gestione: il 41% dei costi di gestione delle basi Usa
sono a carico del paese che le ospita. Solo per la Ederle l’Italia paga
già 65 milioni di euro annui.

Consumi, spese e bollette: ma possibile che non ci guadagniamo nemmeno
un euro? Gli statunitensi non portavano “schei”? Sì un po’ di soldi ne
portano, anche se nulla in confronto a quelli che ci fanno spendere. Ma
il problema principale è: dove vanno a finire questi dollari?
Affari: generalmente intorno alle basi USA, autosufficienti in tutto, non fioriscono attività commerciali.
Posti di lavoro: oggi circa 700 cittadini vicentini lavorano
direttamente per gli statunitensi, con stipendi per 23 milioni di euro
annui. Ma se i 65 milioni di euro/anno da noi spesi per mantenere la
Ederle venissero investiti in Sanità, Protezione Civile, Scuola e altri
servizi per la cittadinanza si creerebbero oltre 2000 posti di lavoro.
Investimenti: dei 475 milioni di euro definitivamente destinati
dal Congresso Americano ad opere edili (tra cui costruzione della nuova
base militare ed alloggi per le famiglie dei soldati, ristrutturazione
Ederle e Site Pluto) solo 45 milioni li guadagnerebbero ditte
vicentine, mentre il grosso del bottino, ben 430 milioni di euro,
andrebbe a C.m.c. e Lega delle Cooperative, altre ditte non venete e
ditte straniere.
Spese annuali sul territorio: attualmente, le entrate che la
città registra grazie all’utilizzo di infrastrutture, beni e servizi e
agli affitti statunitensi sono pari a 127 milioni di euro. Dopo la
realizzazione di nuovi villaggi, strutture ricreative ed altri
aggiustamenti tecnici previsti, le spese statunitensi sul territorio si
ridurrebbero da 127 a 50 milioni di euro/anno. Le 13.400 aziende che
operano a Vicenza fatturano 7.000 milioni di euro/anno. Questi 50
milioni rappresenterebbero lo 0,7% dell’economia vicentina.

Sembriamo venali? Bene, veniamo a problemi di tipo non pecuniario.
Inquinamento: secondo l’EPA (l’agenzia per la protezione
dell’ambiente incaricata dal Congresso statunitense di potenziare e far
rispettare le leggi in materia) le basi militari rappresentano il
maggior inquinatore degli Stati Uniti, producono rifiuti dal gravissimo
impatto sull’ambiente e sulla salute dei cittadini (si pensi ai
periclorati e al TCE). Gli ordini imposti dell’EPA sono stati in
passato disattesi dal Pentagono che si è rifiutato di bonificare basi e
firmare accordi previsti per legge.
Falda acquifera: data la scarsa consistenza del terreno su cui
si è scelto di costruire l’insediamento militare, risulterebbe
necessario piantare migliaia di pali di consolidamento fino ad una
profondità di venti metri. Questi, uniti al previsto tunnel della
“tangenziale nord” che passerebbe sotto alla base militare (a circa 40
metri di profondità), creerebbero una barriera allo scorrimento
dell’acqua che costituisce la preziosa falda acquifera che serve le
zone di Vicenza, Padova e Rovigo. A nord della barriera la falda
crescerebbe mentre a sud subirebbe un abbassamento.
Abitazioni e capannoni industriali: queste modificazioni della
falda e del terreno porterebbero le costruzioni ad abbassarsi da un
lato e ad alzarsi dall’altro. Pochi millimetri possono essere
sufficienti a provocare danni ingenti ad ogni tipo d’edificio.
Impunità: come insegna il Cermis, i reati commessi da soldati
statunitensi, anche all’esterno delle basi, non sono soggetti alla
giurisdizione italiana.
Sofferenza psichica: i casi di disagio sociale e mentale non si
contano tra i reduci di guerra. Vicenza ha conosciuto prima di altre
città la diffusione di droghe pesanti, proprio grazie ai reduci del
Vietnam.

Insomma, se la matematica non è un’opinione, da tutti questi numeri
ricaviamo l’ennesima carrellata di motivazioni per essere contrari alla
nuova base militare e andare a votare Sì alla consultazione del
prossimo 5 ottobre.
, l’aria deve restare pulita!
, la falda acquifera deve continuare a dare acqua ai cittadini!
, AIM deve fornire servizi utili alla comunità vicentina!
, AMCPS deve essere libera da ingenti spese aggiuntive che non portano vantaggi alla cittadinanza!
, il 100% delle nostre tasse deve servire per fini da noi condivisi!
, le sofferenze psichiche vanno alleviate e non incrementate!
, siamo contrari alla base militare!
A meno che non si decida di usare due pesi e due misure, come fanno gli
statunitensi che qui vorrebbero costruire basi militari nel cuore di
una città UNESCO mentre negli States le situano ad almeno 30 km dai
centri urbani.

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sabato capannone aperto

Sabato 19 luglio il Capannone aprirà tutto il giorno per una serie di eventi. Si parte dal pomeriggio con piscina, mostra, free skate. Verso le 17 inizierà un contest di skate con tanto di premi. Ad orario aperitivo dj set e poi la sera concerto con SMART COPS da mezza italia, BAN THIS! da Bologna e FITNESS BOY da Vicenza.

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Schio: i fascisti non sono passati!

Quest’anno la parata fascista per la commemorazione dell’eccidio di Schio non si è svolta. La Questura di Vicenza ha vietato la manifestazione e la possibilità di accedere al Sacrario militare. L’unica cosa permessa era una delegazione di una decina di persone davanti alla biblioteca  per depositare una corona di fiori. I circa 400 fascisti (molti meno rispetto gli anni passati) hanno dovuto accontentarsi di una messa celebrata nel piazzale dell’Hotel Noris in piena zona industriale. Se la parata non si è svolta bisogna dire che merito va anche a chi in questi anni si è sempre opposto a questa vergogna e anche quest’anno ha organizzato una serie di iniziative.  Basti pensare alla proiezione di Nazirock e il concerto della Banda Bassotti organizzata da Rifondazione, al convegno sulla sicurezza e il concerto degli Assalti Frontali organizzati da Arcadia.

Visto il precedente dell’anno scorso, in cui la parata era vietata, ma di fatto l’hanno fatta lo stesso, quest’anno non ci si è fidati fino in fondo e quindi sabato pomeriggio è stata svolta un’iniziativa di vigilanza dal basso del divieto della parata. Come "rete delle nuove comunità" verso le 16 ci siamo presentati in una quarantina davanti all’ingresso della biblioteca civica (chiusa per "motivi tecnici") per improvvisare una conferenza stampa e una sorta di presidio permanente per garantire dal basso che i fascisti il giorno dopo non sfilassero. Abbiamo attaccato striscioni, dato volantini, mangiato pan e sopressa per oltre quattro ore. Abbiamo abbandonato il presidio solo quando la questura di Vicenza ha notificato un secondo divieto ad Alex Cioni per la parata. E’ stato importante quindi mobilitarsi perchè ci ha permesso di ottenere un’ulteriore garanzia che la parata non venisse fatta. Domenica mattina poi eravamo comunque presenti in centro a Schio per verificare che non avvenissero provocazioni o che il centro cittadino diventasse luogo di scorribande fasciste.  

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Sorpresa… siamo ancora qua…

Nei prossimi giorni vi daremo maggiori dettagli, però una cosa con certezza ve la possiamo dire: il concerto degli Skarface del 1 giugno non è stato l’ultimo concerto del Capannone. Per il momento ci siamo ancora, ci trovate ancora in Via dell’Edilizia 128. Stiamo decidendo come muoverci e nel frattempo mercoledì 25 giugno è stato organizzato un concerto in collaborazione con il Free Mosh team e la countdown records. Si tratta di una serata hardcore con ospiti band internazionali: due gruppi dagli Stati Uniti, uno da Londra e il quarto da Venezia. Ecco i dettagli:

25 GIUGNO

Freemosh team and Countdown records present:
SUMMER HARDCORE DEAL – cheap beer, good girls, dangerous mosh

LION OF JUDAH (Washington DC USA hardcore)

DIRTY MONEY  (London hardcore)

TRAPPED UNDER ICE (Baltimore USA hardcore)

GONNA FALL HARD (Venice hustler)

distro are welcome!!!
Start time 21 end 24

Info line:
Freemosh team 340/3363262
www. myspace. com/freemoshteam
Countdown records 338/3912801
www. myspace. com/countdownrecords

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Schio: Blitz contro la Lega

Lunedì sera in circa una cinquantina abbiamo effettuato un biltz durante un convegno della Lega sulla
sicurezza al teatro civico di Schio. Con le penne da indiani in testa
per prendere in giro il famoso manifesto elettorale della Lega
contro l’immigrazione e la bandiera veneta con il leone di San Marcos,
siamo entrati nel palazzo del teatro ed arrivati alla porta della sala,
dove si stava svolgendo il congresso. Tra scorta del sottosegretario, carabinieri, qualche poliziotto, vigili e "security" della
lega non è stato materialmente possibile entrare dentro la sala, ma
abbiamo cominciato a disturbare sonoramente il convegno, a cui erano
presenti il sindaco di Cittadella Bitonci, il sen. Franco, un
sottosegretario agli interni leghista. Per oltre mezz’ora sono stati
lanciati cori contro i razzisti della Lega e canti che si sentivano
dentro la sala. Nel frattempo è stato attaccato uno striscione dal
balcone del teatro con scritto "sul vostro concetto di sicurezza abbiamo
qualche riserva". Dopo aver letto il decreto di espulsione nei confronti
dei razzisti dal nostro territorio ce ne siamo andati.

E’ stato importante mobilitarsi ed è stato
raggiunto l’obiettivo, sulla scia dei recenti fatti di Mestre e Padova,
di riuscire a contestare e a dar fastidio alla Lega in ogni occasione possibile nei nostri territori per creare un clima di nemicità nei
confronti degli intolleranti.

E’ di oggi la notizia leggendo i giornali che la Lega ha fatto denuncia per il furto di una bandiera della Regione Veneto. E’ tutto falso, la bandiera era stata portata dai manifestanti tanto che il leone aveva il passamontagna a simboleggiare San Marcos. La bandiera del Veneto non è un’esclusiva e tantomeno un simbolo della Lega e della sua ideologia razzista e xenofoba. Comunque di seguito troverete l’articolo del Giornale di Vicenza di oggi e il comunicato degli antirazzisti scledensi, che lanciano due appuntamenti a fine mese sul tema della sicurezza. Un dibattito il 27 giugno a Palazzo Toaldi Capra, intitolato „Sicurezza? Tra politiche securitarie e violenza
delle nuove destre“ e il concerto degli Assalti Frontali il 28 giugno.

CONVEGNO/1. Contro-manifestazione non autorizzata durante l’incontro al
teatro Civico con esponenti di Governo



Sicurezza, blitz no global “Espulsa” la Lega Nord

«Decreto di espulsione per razzismo». In quaranta vestiti da indiani
hanno tentato l’assalto alla sala

Non riuscendo a entrare hanno lanciato slogan contro il gruppo politico e la Padania.

Denunciati anche per il furto di una bandiera. La Digos sta identificando i contestatori

Mauro Sartori

I giovani della sinistra radicale consegnano ai leghisti un “decreto di
espulsione dal territorio scledense per razzismo" e si beccano una
denuncia per furto di una bandiera della Regione Veneto e per
manifestazione non autorizzata.

Carabinieri di Schio e Digos stanno procedendo all’identificazione di
una quarantina di contestatori che, camuffati in parte da indiani,
l’altra sera verso le 22,30 hanno preso d’assalto il “forte Apache"
padano al teatro Civico. Nella sala Calendoli era in corso un convegno
sulla sicurezza cui partecipavano rappresentanti del Governo ed
esponenti politici locali.

Un blitz in piena regola, con gli “indiani" fermati dalle forze
dell’ordine prima dell’ingresso in sala. Da lì, non riuscendo a
consegnare personalmente il “decreto di espulsione" accuratamente
confezionato, hanno lanciato slogan tipo “Fuori i razzisti dal Veneto" e
“La Padania non esiste", mettendosi a cantare “Me compare giacometo" per
disturbare i relatori.

A replicare dai microfoni ci ha pensato il senatore Paolo Franco, che li
ha bollati come «nullafacenti. Così avvalorano le nostre tesi
sull’emergenza sicurezza».

Ieri la Lega ha formalizzato la denuncia contro ignoti per il furto
della bandiera veneta esposta sul pennone del Civico, poi fatta
sventolare da un balcone e non riconsegnata. Al furto si aggiunge
l’aggravante della manifestazione non autorizzata.

È “Schio antirazzista" a rivendicare il gesto: «Una contestazione a chi,
legittimato, evoca mostri, innalza il terrore e la paura. Abbiamo
decretato l’espulsione della Lega per aver violato recidivamente vari
articoli della nostra costituzione». Il sindaco Luigi Dalla Via:
«Condanno gli atteggiamenti perché non hanno nulla a che vedere con la
politica e sono la negazione del confronto democratico»


Non abbiamo parole per esprimere il senso di stupore e di rabbia mista a
timore per come stia diventando pesante il clima in questo paese. E’
inaccettabile che una cinquantina di persone, giovani, padri e madri,
venga perseguita per manifestazione non autorizzata e furto per aver
semplicemente contestato un partito politico come la Lega e il suo
pacchetto sicurezza da far invidia ad uno stato totalitario.

Innanzi tutto, siamo saliti tranquillamente e la bandiera di "S.Marcos",
e non di S. Marco, l’abbiamo portata noi proprio per sventolarla.
Eravamo truccati da „indiani“ e volevamo consegnare ai razzisti il
decreto di espulsione da questa Regione.

Cos‘abbiamo fatto di male? Aver contestato un senatore, un sindaco, un
sottosegretario è reato? Forse è una norma presente nel nuovo pacchetto
sicurezza?

Adesso si mira anche a criminalizzare il dissenso pacifico: il governo
autoritario ritorna a far capolino, aizzato da un partito come la Lega,
che di reati costituzionali ne ha commessi a valanga!

Noi siamo quei precari, quegli studenti, quei lavoratori che vogliono
"vivere vivendo" e non "vivere morendo"! Siamo quelli che stanno dalla
parte del debole, dell‘emarginato, di chi viene „usato“ come capro
espiatorio, di chi viene „additato“ come malessere della società!

Dietro al concetto di sicurezza, che la Lega continua a sbandierare
fomentando giorno dopo giorno un clima di terrore tra la gente, ci
stanno razzismo e xenofobia, che contraddistinguono questo partito da
anni. La Lega cerca di legittimare il rifiuto per ciò che è diverso e
tutte quelle politiche che sono vere e proprie negazioni dei diritti
fondamentali e universali: dai cpt al reato di clandestinità. Non
dimentichiamo poi l‘emendamento sull‘uso dei militari in città , altro
esempio di gestione totalitaria della società, mentre l‘emendamento
„salva premier“ è un‘offesa a tutti i cittadini.

La nostra invece è una prospettiva interculturale, non limitata alla
convivenza tra le culture, ma arrichita dal dialogo, dall‘interazione e
dallo scambio. Nella diversità noi vediamo ricchezza!

Due pesi e due misure insomma: chi difende veramente il territorio
veneto dagli stupri di questi personaggi in camicia verde viene
criminalizzato, mentre loro, anche quando bloccano i lavori per la
costruzione di un‘area al servizio delle comunità sinte o rom a Mestre,
passano inermi sotto la fauci della giustizia, riuscendo magari a
congelare qualche processo che hanno sulle spalle.

Al senatore Franco non diamo neanche risposta, ci fa quasi pena la sua
ignoranza, mentre ci preoccupiamo seriamente di tutte quelle forze
politiche che dovrebbero tentare di ricacciare queste ideologie
xenofobe, le quali alimentano la vera insicurezza nelle città(vedi come
esempio l‘assassinio di Nicola Tommasoli a Verona).

Dov‘è la democrazia quando si tenta di esprimere un dissenso e si viene
criminalizzati?

La negazione della politica e della democrazia avviene quando il "Far
west" tanto caro alla Lega avrà la legittimazione di estendersi nei
nostri territori. Non potremmo nemmeno uscire con la faccia dalla
finestra: qualcuno ci sparerà per legittima difesa!

Queste „intimidazioni giudiziarie“ evocano un effetto contrario, infatti
ci stimolano ancora di più nel lavorare con chi viene emarginato e
contro chi discrimina e reprime!

Lo faremo immediatamente, con un dibattito il 27 giugno al Toaldi Capra
ore 20:30, dal titolo „Sicurezza? Tra politiche securitarie e violenza
delle nuove destre.“ Il giorno dopo organizzeremo „la festa della
socialità“ con un famoso gruppo romano: gli „Assalti Frontali" presso la
zona „le fontane“ vicino alla stazione delle corriere a Schio.

Antirazzisti scledensi


 
 

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Toga party anticipato a venerdì

ATTENZIONE ATTENZIONE!!!!!

IL TANTO ATTESO TOGA PARTY E’ SPOSTATO A VENERDI’ 30 MAGGIO E NON PIU’ SABATO 31 PER POTER PARTECIPARE IN MASSA ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DI NAPOLI DOMENICA 1 GIUGNO.

Confermiamo la presenza di DJ NESTOR da Macerata e DJ DEMPIR da Reggio Emilia per una trash night a base di toga fortemente consigliata.

Rimane confermato il concerto degli SKARFACE di domenica 1 giugno al Capannone

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