Aldo Bianzino e la sua compagna
Roberta il 12 ottobre sono stati arrestai nei pressi di Perugia con
l’accusa di possedere e coltivare alcune piante di marijuana.
Trasferiti
il giorno dopo al carcere di Capanne, sono separati. Roberta condotta
in cella con altre donne, Aldo, in isolamento. Da quel momento Roberta
non vedrà più il suo compagno lasciato in buone condizioni di salute.
La mattina seguente, domenica 14 ottobre alle 8.15, la polizia
penitenziaria entrata nella cella, trova Aldo agonizzante che poco dopo
muore. Immediatamente la ex moglie, la compagna, i figli e gli amici si
mobilitano per fare chiarezza su questa ingiusta morte chiedendo verità
e giustizia perchè di carcere non si può morire!
Di fatto dopo un
goffo tentativo di insabbiamento da parte delle autorità carcerarie (le
prime indiscrezioni sulle cause della sulla morte si riferivano ad un
improbabile infarto) famiglia e amici vengono a sapere che
dall’autopsia risulta che Aldo è stato vittima di un vero e proprio
pestaggio, il corpo infatti presentava una frattura alle costole, gravi
lesioni al fegato, alla milza e al cervello.
Aldo Bianzino è morto ormai da più di due settimane.
Se il silenzio delle istituzioni e dei rappresentanti della politica,
dei cosiddetti garanti della nostra sicurezza sociale è assordante, a
Perugia si è costituito un Comitato "Verità per Aldo" che ha deciso di
prendere "posizione", di prendersi "spazio e voce". Di raccontare ed
agire.
Perché è solamente questa la strada che può condurre ad
una verità, che non è una "verità giudiziaria", ma una "verità
trasparente", che smascheri chi tenta di insabbiare e che allo stesso
tempo difenda le nostre esistenze e le nostre pratiche da abusi,
repressioni e pestaggi, "venduti" come atti di legalità.
Una verità
che vuole arrestare le aggressioni proibizioniste, disattivare le
dinamiche di esclusione e di controllo sui corpi, disinnescare le
“paranoie” securitarie che non sono altro che lo strumento attraverso
il quale viene indirizzata verso alcuni soggetti, identificati nella
figura del migrante, del lavavetri, del writer, del vagabondo, quella
carenza di sicurezza che ha invece nell’intermittenza di reddito, nella
precarietà della vita, nella incertezza massificata il suo nodo
centrale.
L’ondata securitaria, che la governance locale sta da
tempo sperimentando in pressoché tutte le città italiane e che da pochi
giorni è diventata un indirizzo politico governativo, cerca di colpire
quei comportamenti eccedenti che riescono a sottrarsi dai meccanismi di
valorizzazione e profitto che regolano le nuove forme della produzione,
localizzata da tempo non più nella fabbrica, ma in tutto lo spazio
metropolitano.
Autoprodurre canapa, scaricare o condividere film o
musica, fotocopiare libri e diffondere orizzontalmente sapere,
riversare la propria creatività su un muro cittadino. Sono questi i
modi di sottrarre valore ed utilizzarlo per sé o per socializzarlo. E
sono questi i comportamenti che vengono perseguiti. In una parola,
viene criminalizzata la "normalità", la quotidianità: è questo il
passaggio fondamentale che connota tutta la storia del potere in questi
anni.
Se la dimensione biopolitica del potere controlla e colpisce
la quotidianità, la sua macchina repressiva muove guerra a quella
quotidianità che si è fatta movimento e che, soprattutto da Genova in
poi, ha rivendicato il suo diritto al reddito, ad una vita
non-precaria, ad un mondo non più sotto il controllo della guerra
globale permanente, a nuove forme di partecipazione e cittadinanza
attiva, ad una democrazia reale.
Un movimento che parte da Genova e
che tornerà a Genova perché è qui che il potere ha sferrato il suo
attacco più brutale e feroce ed è qui che sta rivelando e rivendicando
questa sua natura, con la richiesta dei p.m. genovesi di 224 anni
complessivi agli imputati per i fatti del G8.
Ma chi pensa di
annientarci credendo di trovare di fronte un blocco monolitico e
friabile si sta sbagliando. Noi siamo fluidi e plastici, sappiamo
rispondere velocemente. E lo facciamo innanzitutto riprendendoci le
piazze e le strade delle nostre città, invadendo quei luoghi della
nuova produzione, stupendamente fastidiosi.
Lo faremo il 9 novembre
in tutte le città italiane con lo sciopero sociale, il 10 a Perugia per
chiedere la verità su Aldo e per demolire i securitarismi, il 17 a
Genova per tutti noi.
Sabato 10 Novembre ore 14 a Perugia
Manifestazione Nazionale
Link
http://veritaperaldo.noblogs.org/
CSOA ExMattatoio
Perugia