Rompere i meccanismi della
rappresentanza; sostituire la delega con la partecipazione diretta;
costruire forme di condivisione che evidenzino l’ipocrisia degli spot
elettorali. Una lista di donne e uomini per aprire un nuovo percorso
politico di partecipazione: sarà questa la presenza all’interno della
campagna elettorale di coloro che a Vicenza hanno scelto la
mobilitazione contro l’imposizione.
Una lista che non è un fine, bensì un mezzo: non
corriamo per conquistare il Palazzo, ma per sperimentare forme altre di
autogoverno e autogestione. In queste settimane, per descriverci il
percorso che abbiamo fatto, abbiamo usato la metafora della chiocciola:
lenti, ma sempre in movimento; riflessivi, ma con un grande bagaglio di
esperienze, sensibilità, diversità che ci portiamo sempre sulle spalle.
Abbiamo discusso in modo permanente, trovandoci la sera
e riconvocandoci il giorno successivo; abbiamo ascoltato cosa aveva da
dirci Vicenza, senza costruire eventi mediatici ma sfruttando i gazebo
della raccolta firme: perché ascoltare è diverso dal fare propaganda.
Ci siamo chiesti che significato ha la crisi della rappresentanza, come
dovrebbe comportarsi un consigliere comunale, quali contenuti dovrebbe
avere un programma.
Ne abbiamo concluso che un programma non è un testo, ma
un percorso; che la crisi della rappresentanza nasce dai processi di
delega; che un consigliere comunale dovrebbe essere al servizio di
molti e non in rappresentanza di alcuni. Abbiamo deciso di metterci in
gioco ancora una volta, dicendoci che abbiamo ancora tanto da imparare,
una lunga strada da fare. Vogliamo provare a costruire collettivamente
pratiche di gestione collettive della nostra comunità; la nostra non
sarà una lista di persone, ma un intreccio di pensieri.
Abbiamo saputo dar vita al Presidio Permanente, spazio
di diversità e confronto, ma soprattutto di partecipazione; abbiamo
dimostrato che condividere è possibile: ora portiamo la nostra sfida
nel campo di coloro che più ci sono lontani. Vogliamo mettere in
discussione il monopolio del potere decisionale fondato sulla delega:
perché partecipare non solo è democrazia, ma è anche vita.
Presidio Permanente, Vicenza, 6 marzo 2008
di seguito un articolo del Manifesto del 12 marzo
durate notti intere, giornate passate a confrontarsi con la città. Poi
la decisione: le elezioni comunali non possono essere ignorate. E il
movimento contro la base militare Usa si candida. Con una lista e un
simbolo. Per una politica nuova
Orsola Casagrande
Vicenza
È stato un dibattito lungo, a tratti difficile, decisamente molto
partecipato. Riunioni accanto al fuoco, anche fino a tarda notte. Al
presidio permanente no Dal Molin da due mesi si discute delle prossime
elezioni comunali. «Un evento – dice Marco – che attraversa la città,
che riguarda la città, con il quale piaccia o non piaccia bisognava
rapportarsi, misurarsi». E scegliere. Decidere se stare dentro o stare
fuori. Se ignorare l’evento (ma l’ipotesi è stata scartata fin da
subito) o se invece ragionare (e questa è stata alla fine l’idea
prevalente) su come affrontarlo. Dicendo la propria, ascoltando e
facendosi ascoltare, mantenendo indipendenza e autonomia, .
Alla fine una decisione è stata presa: il presidio no Dal Molin
parteciperà alle elezioni comunali con una propria lista, un proprio
simbolo, un proprio candidato sindaco. La lista si chiamerà «Vicenza
libera» e più eloquente di così non poteva essere. Il dibattito però
non è concluso. Anzi, è soltanto all’inizio. E dal presidio viene
rilanciato al movimento in tutta Italia. Perché il nodo da sciogliere
rimane quello di come stare nelle istituzioni pur rifiutando il
principio della delega. Non un percorso facile, ma certamente un
percorso che si vuole condiviso. Se ci saranno consiglieri eletti non
saranno portavoce e nemmeno «delegati», saranno piuttosto uno strumento
in più per la comunità. In altre parole i candidati del presidio non
chiederanno una delega ai cittadini, ma si metteranno a disposizione
dei cittadini, non tanto e non solo per portare in consiglio comunale
le eventuali istanze, gli input provenienti dall’esterno. L’obiettivo è
quello di continuare a lavorare insieme. Chi sta dentro cercherà di
capire come far avanzare le istanze che provengono dall’esterno, di
quali strumenti si potrà dotare il fuori.
«E’ chiaro – dice Marco – che il dibattito rischiava e continua a
rischiare di essere appiattito su schemi tradizionali, lista sì o lista
no, il movimento che entra nelle istituzioni e quindi perde o rinuncia
a qualcosa. Inizialmente – continua Marco – anche nelle nostre riunioni
si affrontava la questione con lenti antiche. Ma più il tempo passava,
più si facevano assemblee, più si è cominciato a capire che bisognava
fare un salto in avanti, uscendo dalle vecchie logiche per traslare
invece le nostre pratiche anche all’interno delle istituzioni».
Assemblea dopo assemblea, intervento dopo intervento, sempre più si è
fatta strada la consapevolezza che in gioco non c’era la «verginità»
del movimento. Più che altro si trattava di capire se «le elezioni
comunali potevano essere usate come opportunità, come occasione. Una
sfida certamente – sottolinea Marco – ma vogliamo provare a scardinare
e modificare i meccanismi della rappresentanza tradizionale che è in
crisi». Provare a rompere, dunque, un meccanismo per portare anche
all’interno delle istituzioni le pratiche che hanno attraversato e
caratterizzato il movimento no dal Molin, e non solo quello. Il
tentativo allora è quello di provare un percorso, sperimentare. Per
dimostrare che la delega non è l’unica soluzione possibile. Anzi,
l’ambizione è proprio quella di far vedere che la comunità può lavorare
nelle e con le istituzioni senza soluzione di continuità, un osmotico
scambio. Dove non c’è distinzione tra il «dentro» e il «fuori». Lo
ricorda Francesco, «l’esperienza dell’Altro Comune per noi è
importante. Non sappiamo ancora bene come renderla pratica in un’arena
politica già costituita, ma ci proveremo». Perché lo scopo è quello di
«rompere un perimetro, usare il terminale comune come strumento di
lotta».
E’ chiaro che la strada è tutta in salita. Altri movimenti, in altre
parti d’Italia (pensiamo al capofila delle lotte in corso, il popolo no
Tav), hanno fatto scelte diverse. E a questi movimenti i no Dal Molin
si rivolgono per aprire un dibattito, chiedono di confrontare pareri,
opinioni. Collaborazione anche nell’elaborazione di un percorso che è
ancora tutto da scrivere. Qualche idea c’è già. Per esempio, tanto per
provare a tradurre in pratica i molti interventi «teorici» delle
assemblee: se un quartiere vuole una pista ciclabile, l’idea dei no Dal
Molin è quella non di chiedere all’eventuale consigliere di fare
pressioni in consiglio per realizzarla. Armato di vernice gialla e
pennello, il consigliere, con i cittadini andrà a dipingersela quella
pista ciclabile. Le assemblee sono state davvero molto partecipate, a
testimonianza di quanto comunque questo tema delle elezioni comunali
sia sentito. Il presidio a un certo punto si è fatto «assemblea
permanente» proprio per fare in modo che tutti potessero esprimersi.
C’erano anche trenta interventi a serata. Giorno dopo giorno, sera dopo
sera «ci siamo riuniti in piccoli gruppi per ragionare, discutere,
elaborare». Adesso si è entrati nella fase operativa, da una parte c’è
la preparazione delle liste e dall’altra l’elaborazione del percorso da
seguire. E poiché ascoltare è il tratto distintivo della «piazza
presidio», in questi giorni in cui con trenta gazebo sparsi per la
città si raccoglievano le firme di solidarietà con i «presidianti»
denunciati per l’occupazione della prefettura, si è chiacchierato e
chiesto pareri con le migliaia di cittadini che passavano e si
fermavano a esprimere la loro solidarietà. E’ stato distribuito anche
un questionario per capire come la città percepisce il presidio e
l’eventualità di un ingresso in consiglio comunale. Sono tornati alla
base ben tremila questionari compilati. Tanto per dire, alle primarie
per il partito democratico hanno votato circa tremila persone. La
maggioranza degli interpellati vede con favore un impegno del presidio
anche in comune. «Abbiamo voluto – dice Cinzia Bottene – interpellare
la città, perché decidere insieme è stato sempre il nostro modo di fare
politica. E’ un modo faticoso – insiste Bottene – ma affascinante.
Vogliamo portare il nostro contributo anche all’interno delle
istituzioni, diventando strumento per i cittadini che hanno seguito il
nostro approccio: oltre alla critica bisogna anche saper costruire.
Questa è la sfida che ci troviamo di fronte».