L’Altrocomune si accampa a Vicenza

Un campeggio davanti all’ingresso della caserma Ederle,
sotto i muri invalicabili oltre i quali i vicentini non possono
guardare gli statunitensi che preparano la prossima missione di guerra.
Un modo per sostenere attivamente la delegazione No Dal Molin che ieri
ha raggiunto – per la 3 volta il 2 mesi – Washington per spiegare alla
commissione Appropriations Subcommittee on Military Construction del
Senato le ragioni di quanti si oppongono alla militarizzazione del Dal
Molin; ma, anche, l’inizio di una nuova campagna verso il 4 luglio,
giornata in cui i vicentini vogliono iniziare a costruire
l’indipendenza dalle basi di guerra liberando il Dal Molin.

Proprio sotto i muri della Ederle, infatti, i No Dal
Molin hanno lanciato il loro nuovo appello, invitando tutte e tutti a
tornare a Vicenza alla vigilia del G8 della Maddalena e dell’arrivo in
Italia di Obama.

La serata era iniziata serenamente con 150 persone che,
alle 20.30, hanno piantato alcune tende nel prato antistante il muro
della Caserma Ederle, in Viale della Pace, appendendo palloncini
colorati e bandiere agli alberi. «Vogliamo accamparci qui – avevano
spiegato i manifestanti – per sostenere la nostra delegazione a
Washington». Meno di un’ora dopo, però, è intervenuta la celere; due
piccole tende a igloo, infatti, potevano mettere a repentaglio la
sicurezza di una base militare statunitense, come hanno motivato i
funzionari della Questura. Caschi in testa e scudi in mano, il reparto
ha spintonato i manifestanti a mani alzate, non lesinando calci e colpi
a coloro che, seduti, si erano incatenati alle tende per difenderle.

Scene ormai classiche, nella Vicenza della democrazia
violata e calpestata; e, del resto, il compito della Questura non è
quello di garantire l’espressione democratica del dissenso, bensì di
"sradicarlo alla radice", missione assegnatagli dal commissario Costa e
puntigliosamente praticata dal Questore Sarlo che non si fa problemi
nel far calpestare anziani e giovani dai suoi uomini in armatura.

Le due tende, dunque, sono state prima demolite e poi
sequestrate; ma, per due tende che se ne vanno, un’altra viene montata.
Gli agenti, infatti, non avevano fatto in tempo ad arretrare ritornando
alla propria posizione di partenza che, in mezzo al prato, una nuova
tenda era stata sistemata. E, alla fine, quella tenda di fronte alla
Ederle ci è restata: di fronte alla determinazione dei manifestanti,
infatti, la Questura ha accettato la presenza della tenda e degli
striscioni come simbolo della mobilitazione vicentina. Gli statunitensi
dovranno farsene una ragione: nella città berica la mobilitazione
continua.

This entry was posted in No Dal Molin. Bookmark the permalink.